Chevalier Tracy

L’ultima fuggitiva


LUltima FuggitivaCi sono libri che si fanno apprezzare più per l’atmosfera e l’aria di vivida tranquillità che lasciano respirare in ogni pagina, che per un qualche intrigante intreccio degli eventi narrati.
La semplice e pragmatica vita dei Quaccheri (o Amici) americani apparentemente stride con le travagliate vicende degli schiavi neri che fuggivano alla ricerca della libertà oltre i confini settentrionali della liberissima terra degli Stati Uniti d’America, ma in realtà, di concitato e “drammatico” c’è solo il vago sapido sentore, come se quel granoturco che tutto contamina lì, oltreoceano – e con cui la nostra britannica Honor Bright non riuscirà mai ad andare completamente d’accordo – avesse coperto anche le sfumature di sapore che impreziosivano, con risultati sempre originali, i precedenti romanzi della Chevalier.

Da segnalare la solita doviziosa curiosità dell’autrice nell’indagare i più profondi segreti di un’arte (in questo caso quella del cucito, in modo particolare l’affascinante pianeta dei quilt, le trapunte di rombi, precisissime impunture ed “affetti” della comunità degli Amici) e la sua solita abilità nel raccontarcela attraverso gli occhi e le mani dei suoi comunque sempre ben caratterizzati personaggi.

Una debolezza generale che rilevo con rammarico, sarà anche per la cordiale simpatia che istintivamente provo nei confronti di certe scenografie e vite, ma che per quella loro stessa disarmante onestà (intellettuale) non posso ignorare.
Peccato.

Giudizio di Weareborg7of9: gufolibro3_tras

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Titolo: L’ultima fuggitiva
Titolo originale: The Last Runaway
Autore: Tracy Chevalier
Traduttore: Ortelio Massimo
Editore: Neri Pozza
Collana: Bestseller
Data di pubblicazione: 2013 (prima edizione); 30 Ottobre 2014 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Pagine: 313
Prezzo: 9,90 €
Codice ISBN: 9788854509160

Pannocchie Honor! (Granoturco…ancora!)

Eh sì, la nostra Honor Bright da Bridport, Inghilterra, non aveva mai provato questa prelibatezza molto americana. A dir la verità non aveva mai dovuto avere a che fare con il granoturco prima di sbarcare sulle sponde d’oltreoceano e rendersi ancor più mestamente conto che questo cereale si infilava letteralmente dappertutto (e non solo nei piatti!) nelle case degli Amici della sua nuova comunità, della sua nuova…famiglia. E proprio a casa di Jack Haymaker, il suo futuro marito, prova per la prima volta questa semplice delizia contadina (v.brano).
Non disponendo di un fuoco tradizionale, ci siamo accontentati di un forno, ma il risultato è stato comunque da leccarsi i baffi…anzi, le dita!

IMG_4509 Ingredienti (per 2 porzioni):

  • 2 pannocchie (già pulite e bollite – le si trova in un qualsiasi supermercato);
  • 2 cucchiai di burro;
  • 100 gr. di formaggio svizzero;
  • Prezzemolo q.b.;
  • Sale q.b.;
  • Pepe q.b.;

Procedimento:

Essendoci già procurati le pannocchie pulite e prebollite, non ci resta che preparare il condimento.
In una tazza, mischiate il burro ammorbidito, amalgamando bene insieme anche le spezie.
Disponete le vostre pannocchie in una teglia imburrata e versatevi sopra il composto di burro, con l’accortezza di farvele rotolare in modo uniforme.
Preriscaldate il forno a 220° e poi infornate le pannocchie per circa 15 minuti.
Nel frattempo, in un pentolino, sciogliete a fuoco lento il formaggio. Una volta pronte, togliete le pannocchie dal forno e fatevi colare sopra il formaggio fuso.
Da gustare calde o freddo, a vostro piacimento.

Un po’ di sale in zucca: …”A happy home is more than a roof over your head, it’s a foundation under your feet”…
(Proverbio Amish)

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L’innocenza


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Non c’è luce senza oscurità, vita senza morte.
L’innocenza e l’esperienza: “two contrary states of the human soul”.
Questo per William Blake, per l’artista adulto con lo sguardo da fanciullo. Non i suoi occhi, gli stessi pozzi scuri, penetranti, malinconici, ma guizzanti, incastonati nei volti dei suoi personaggi, ma la sua innata e sviluppata tendenza a “vedere oltre”, a scrutare le verità più pure e limpide, come solo i bambini sanno fare. Gli innocenti. Creature di Dio come gli agnelli. Come le tigri. L’innocenza e l’esperienza.

Tutto in questo libro della Chevalier è giocato sulle dicotomie. Gli opposti condividono sempre qualcosa, come le due sponde del Tamigi: il fiume stesso che le unisce, in un’armonica continuità. I ragazzi, che in una sola sera di nebbia, diventano ciechi e grandi, mutano, evolvono, preservano solo un pizzico della loro spensieratezza, perdendo la naturalezza che la faceva emergere.

Una trama semplice, senza un attore principale, ma con coppie che intrecciano le loro vite concentrate tra gli antipodi di un ingenuo paesino di campagna del Dorset, con i suoi artigiani virtuosi e le perfette massaie (n.b. questa volta l’autrice ha approfondito la tecnica degli intagliatori di sedie – mi è venuta voglia di possedere una Windsor! – e delle cucitrici di bottoni), e la smaliziata Londra, vissuta da saltimbanchi, scaltri operai e donne di dubbia moralità.
Il Paradiso e l’Inferno.

Forse un filo sottotono rispetto il consueto standard narrativo, ma con il grande merito di aver ridato anima ad uno dei poeti più follemente geniali mai esistiti.

…”The imagination is not a state: it is the human existence itself”…
(W.B.)

Giudizio di Weareborg7of9: gufo libro35

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Titolo: L’innocenza
Titolo originale: Burning Bright
Autore: Tracy Chevalier
Traduttore: Ortelio Massimo
Editore: Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Data di pubblicazione: 2007 (prima edizione); 1° Gennaio 2007 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Pagine: 360
Codice ISBN: 9788854501775

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La dama e l’unicorno


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Chissà quanti si sono trovati, almeno una volta nella vita, di fronte ad un arazzo, magari proprio di fronte ad uno di bottega fiamminga, vere opere d’alto artigianato; ma chissà quanti sono stati (e/o sono) in grado di leggerne le storie tra le trame dei fili di lana colorata, tra i preziosi intrecci d’oro di un ardito milleflurs, e di scrutare l’animo delle dame raffigurate, di seguire i movimenti di leoni, uccellini…e unicorni.
Io lissier non ci sono nata e probabilmente non sarei mai neppure potuta diventarlo nei XV-XVI secc., ma sicuramente oggi mi sento un po’ più consapevole dell’enorme lavoro e dell’abilità necessari per creare un capolavoro di stoffa; l’indispensabile collaborazione dei 5 sensi, la sensibilità dell’artista, la vocazione del professionista, lo spirito di squadra, il sostegno di una famiglia, l’instancabile fiducia nella realtà dell’impossibile.
Perchè all’apparenza, l’impensabile è anche la perfezione delle mani di una ragazza dagli occhi spenti, così come l’amore di due mondi diversi.
Ma alla fine, come sempre, è solo il risultato finale ciò che più conta.

Giudizio di Weareborg7of9: gufolibro4_tras

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Titolo: La dama e l’unicorno
Titolo originale: The Lady and the Unicorn
Autore: Tracy Chevalier
Traduttore: Ortelio Massimo
Editore: Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Data di pubblicazione: 2003 (prima edizione); 1° Gennaio 2013 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 16,50 €
Pagine: 286
Codice ISBN: 9788873059363

Waffels allo sciroppo di fragole

Alienor dagli occhi spenti, ma dalle mani prodighe e dal cuore grande. Il suo orticello era profumi e colori, quelli che si vedono solo con il tocco delle anime che vivono nella parte più profonda di ogni essere umano: rosso, rossi diversi, sapidi, zuccherosi ed inebrianti…come le fragoline che la figlia del lissier era in grado di far crescere quasi per magia, come le mani del pittore, come l’amore.
Un tipico dolce belga, semplice, morbido e delizioso riproposto con quella goccia di “rosso fragola” che rende vivo l’intero quadro.

WaffelsFragole Ingredienti per 8 waffels:

  • 3 uova grandi;
  • 1 pizzico di cremor tartaro;
  • 1 tazza di latticello o panna fresca;
  • 1/2 cucchiaino di estratto di vaniglia;
  • 2 cucchiai di burro + 1 cucchiaio di burro fuso;
  • 1 tazza di farina 00 setacciata;
  • 3 cucchiai di zucchero di canna o di zucchero scuro;
  • 1/2 cucchiaino di sale;
  • 1 cucchiaino di bicarbonato;
  • 1/4 di cucchiaino di lievito;
  • 1/2 cucchiaino di cannella in polvere;
  • 7/8 fragole, mondate e tagliate a pezzetti;
  • 1/4 di tazza di zucchero;
  • 1/4 di tazza di acqua;
  • 1 limone: scorza e succo;
  • 1 cucchiaio di farina gialla;

Procedimento:

Per prima cosa, sbattete i bianchi d’uovo e il cremor tartaro fino a creare una crema piuttosto ferma.
In una ciotola poi, amalgamare i tuorli, il latticello, l’essenza di vaniglia e 2 cucchiai di burro fuso. In un recipiente più grande, invece, mischiare la farina 00, lo zucchero di canna, il sale, il bicarbonato, il lievito e la cannella; unitevi anche gli ingredienti umidi e rendere il tutto ben omogeneo. Incorporate con delicatezza anche i bianchi semi-montati.
Non vi resta che prendere la vostra macchina per i waffel e seguire le istruzioni d’uso: ungete o meno le piastre e versatevi sopra una quantità di impasto tale da coprirle interamente; cuocete per 3/4 minuti.
Per la salsina alle fragole: in un padellino, fate cuocere a fuoco medio, le fragole, lo zucchero, l’acqua, la scorza, il succo del limone e la farina gialla. Mescolate fino a quando le fragole si squaglieranno leggermente e il tutto avrà creato uno sciroppo della giusta consistenza: nè troppo liquido, nè troppo denso.
Irrorate i waffel con lo sciroppo alle fragole e una spruzzatina di zucchero.

Un po’ di sale in zucca: “La tapisserie est un art très différent de la peinture, repris-je. Les artistes qui n’ont jamais travaillé à des tapisseries ne sauraient le comprendre. Ils s’imaginent que tout peut être agrandi et tissé tel qu’ils l’ont peint. Mais le regard que l’on porte sur une tapisserie est différent de celui que l’on porte sur un tableau.”…
(
The Lady and the Unicorn, Tracy Chevalier)

 

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La ragazza con l’orecchino di perla


O “La ragazza dagli occhi grandi”.
In questo periodo in cui la mostra di Bologna dedicata agli artisti della Golden Age e soprattutto al celebre pittore olandese, Jan Vermeer e il suo dipinto più noto sembrano essere tornati in auge anche in libreria, luogo – forse – dove erano stati “scoperti” dal grande pubblico, proprio grazie al bestseller della Chevalier.

Generalmente storco il naso di fronte all’hit parade delle vendite letterarie (magari un giorno vi spiegherò il perchè) e infatti questo è “solo” il terzo lavoro che approccio dell’autrice statunitense più british della narrativa mondiale. Ecco, tuttavia, in questo caso non faccio fatica ad ammettere che mi conformo con entusiasmo alla massa.

Probabilmente il #librodellavita uno scrittore lo partorisce solo una volta, non per un’unica fortunata ispirazione e per una consueta modesta abilità, ma perchè ciò per cui si è veramente “etichettati” nella storia è un dettaglio, un elemento, un evento…o, come in questo frangente, un libro. La manna dal cielo per la buona Tracy è stato questo breve, semplice, puro e raffinato romanzo; in poche pagine ci si trova gentilmente trasportati sulle acque dei canali della Delft del XVII sec., con le narici subito impregnate degli odori dei mercati, mani e piedi intirizziti dai freddi umidi degli inverni continentali, gli occhi colmi dei bianchi e dei blu…per poi d’improvviso respirare polveri e colori dell’atelier di un pittore, di sbattere le palpebre per i vapori delle cucine e della lavanderia di una casa che a metà del 1600 era “una fra le tante” e che oggi, quasi immobilizzata ed incastonata nel tempo e nello spazio di una piazza “come tante”, è la casa additata dai turisti di mezzo mondo e ammirata nella sua attuale spoglia realtà, da chi, in queste stesse poche pagine, ha imparato a conoscerne il padrone e la sua musa: la piccola Griet dagli occhi grandi. Inconsapevole “eroina” e protagonista della storia (la sua) di un’opera d’arte ormai ben riconoscibile nell’immaginario comune.
Ogni parola, ogni frase sembra riprodurre quel languido e meditato tocco dell’artista sulla tela, il tutto funzionale e adeguato con la naturalezza di una grande mano, di una penna sciolta, di un magistrale pennello.

Non riesco e non voglio aggiungere niente di più allo stupore e all’appagamento derivatomi da tale lettura, perchè non credo riuscirei a rendergli il giusto merito.
Il mio giudizio “scolastico”, spesso avaro e mai sbilanciato, dovrebbe essere più eloquente di altri prolissi elogi.

(Ho dovuto aspettare mesi per incontrare dal vivo quegli “occhi grandi” e quell’orecchino di perla, ma l’attesa è stata ampiamente ripagata…un piccolo miracolo dell’arte racchiuso nell’incantevole dolcezza di un volto semplice).

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60x60_07_cuffie Ascolta un brano del libro: La Ragazza con l’Orecchino di Perla

Titolo: La ragazza con l’orecchino di perla
Titolo originale: Girl with a Pearl Earring
Autore: Tracy Chevalier
Traduttore: Pugliese L.
Editore: Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Data di pubblicazione: 1999 (prima edizione); 20 Novembre 2013 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 9,90 €
Pagine: 240
Codice ISBN: 9788854507722

 La “minestra” di Griet

Sfido chiunque a rifiutare un piatto di minestrone “dipinto” in questo modo…

…”L’uomo mi osservava, gli occhi grigi come il mare. Aveva un volto lungo e spigoloso, un’espressione ferma, in contrasto con quella della moglie, che guizzava come la fiammella di una candela. Non aveva né barba né baffi, il che mi piaceva perché gli dava un aspetto lindo. Sotto al mantello nero indossava una camicia bianca con un elegante colletto di pizzo. Portava il cappello calcato sui capelli, che erano rossi come i mattoni bagnati dalla pioggia.
“Che cosa stavi facendo, Griet?” chiese.
Processed with Moldiv Quella domanda mi stupì, ma ebbi la presenza di spirito di non darlo da vedere. “Stavo tritando le verdure, signore. Per la minestra”.
Avevo l’abitudine di sistemare le verdure in cerchio, ciascuna in uno spicchio come una
fetta di torta. C’erano cinque fette: cavolo rosso, cipolle, porri, carote e rape. Mi ero servita della lama d’un coltello per dare la forma a ciascuna fetta, e nel centro vi avevo piazzato una rondella di carota.
L’uomo picchiettò col dito sul tavolo. “Le hai disposte secondo l’ordine in cui vanno nella pentola?” si informò, osservando la ruota.
“No, signore”. Esitai. Non sapevo spiegare perché avessi messo le verdure in quel modo. Le disponevo così istintivamente, come sentivo che dovevano stare, ma ero troppo intimorita per dirlo a un signore.
“Vedo che i bianchi li hai messi distanti l’uno dall’altro”, osservò indicando le rape e le cipolle. “E poi l’arancione e il violetto non sono vicini. Perché mai?” Prese un ritaglio di cavolo e un pezzetto di carota e li scosse nella mano come avrebbe fatto con due dadi.
Rivolsi lo sguardo a mia madre, che mi fece un leggero cenno di incoraggiamento.
“Quei colori fanno a pugni quando sono vicini, signore”.
Inarcò le sopracciglia, come se non si fosse aspettato una risposta del genere. “E ci metti molto a sistemare le verdure prima di fare la minestra?”
“Oh no, signore”, risposi imbarazzata. Non mi piaceva che mi giudicasse una perditempo.
Colsi un movimento con la coda dell’occhio. Agnes, la mia sorellina, stava spiando da dietro lo stipite della porta e alla mia risposta aveva scosso la testa. Non dicevo spesso bugie. Abbassai lo sguardo.
L’uomo girò un po’ la testa e Agnes si ritrasse. Poi fece ricadere i pezzetti di carota e di cavolo nei rispettivi settori. Quello del cavolo cadde per metà sulle cipolle. Avrei voluto allungare la mano per spingerlo al suo posto. Non lo feci, ma lui capì la mia intenzione. Mi stava mettendo alla prova.”…

Un po’ di sale in zucca: …”Ho cercato gli sguardi vicino a me, ne ho fatto sogno e sostanza, memoria e previsione del futuro. Mi sono perso in loro e ugualmente loro si sono perduti in me.Siamo rimasti in equilibrio su questo filo, dove la bellezza era pericolo e insieme regalo.Credo di avere dipinto così anche la ragazza con l’orecchino di perla.”…
(Jan Vermeer)

 

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Quando cadono gli angeli


Non è usuale che un romanzo si svolga prevalentemente in un cimitero e lo è ancora meno che si possa sardonicamente strappare un sorriso passeggiando qua e là tra le tombe. Ma sarà proprio tra un’urna e un angelo di pietra che nascerà i l fanciullesco legame tra 3 bambini, il rapporto tra 3 famiglie e l’incontro – inevitabile – tra 3 mondi diversi.

Siamo nell’elegantissima Londra realista di inizio ‘900, dove le convenzioni sociali sono un’ostentazione “necessaria”, soprattutto se riguardano la morte.
Morto un re se ne fa un altro (se a morire era una regina, la questione era più pesante), ma non pensiate che sia una prassi così semplice: il lutto ha delle regole ben precise, redatte in integerrimi tomi addirittura, che non è concepibile trasgredire. Ma quando sono gli angeli a…morire?! Se la vita si arresta improvvisamente, almeno in una metafora, portando via con sè, una dopo l’altra, tutte le creature che quella vita rendevano “viva”?
Raccontare di morte e varcare i cancelli di un camposanto, sedendosi pacificamente a chiacchierare su una lapide, come se ci si scambiassero graziosi convenevoli all’ombra di un albero ad Hyde Park, non è affare agevole, e farlo senza sembrare blasfemi ed irrispettosi, è ancor più arduo.

Confesso che appena “messo piedi” ad Highgate, ho impiegato qualche capitolo prima di ambientarmi, a cogliere dove questo gustoso intreccio di vite andasse a parare, ma poi ho lasciato che mi guidassero loro, i protagonisti, Maude, Livy, Ivy May e Simon, Kitty e Richard Coleman, Trudy e Albert Waterhouse, mi sono fatta prendere per mano fin quando non ho capito, fino a quando anche per me non era più strano scambiare quattro chiacchiere ai bordi di una fossa, disquisendo di gramaglie e rituali funebri.
State storcendo il naso?! Beh, qualcuno ha detto che …bisogna morire molte volte per imparare a vivere.

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Titolo: Quando cadono gli angeli
Titolo originale: 
Falling Angels
Autore: Tracy Chevalier
Traduttore: Pugliese L.
Editore: Beat
Collana: BEAT
Data di pubblicazione: 2001 (prima edizione); 24 Gennaio 2012 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 9 €
Pagine: 368
Codice ISBN: 9788865590683

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La vergine azzurra


Avete presente quelle sinfonie che fanno capolino nell’aria quasi in punta di piedi, con un adagio appena sussurrato, delicato, e che presto crescono in movimenti più briosi e coinvolgenti, per poi esplodere in vere e proprie esecuzioni roboanti, travolgenti, da lasciare senza fiato, senza un attimo di posa.
Ecco, io inquadrerei il romanzo d’esordio della Chevalier in questa metafora.
Organizzata su due piani temporali all’apparenza inconciliabili, la trama svilupperà un intreccio piuttosto solido e credibile in cui le protagoniste scopriranno quasi una “telepatia”, addirittura fisica, come un filo azzurro, di una cangiante e preziosa stoffa tramandata da generazioni di donne speciali, dalla Francia, alla Svizzera, all’America.
Le coincidenze, i legami ancestrali e indissolubili, i misteri svelati, le superstizioni vendicate sono i puntelli su cui si fonda la narrazione che, come accennavo in precedenza, scorre più fluidamente in certi tratti e scivola più macchinosamente in altri. Ciononostante, il complesso funziona.
Pregevoli le note rustiche e provenzali che profumano di romantico e rendono meno acre lo stridore con il cupo e ruvido scenario della regione transalpina del XVI sec.
Buoni anche gli spunti storico-artistici, stimolanti gli sforzi linguistici, irriverenti (ma realistici) i pregiudizi culturali.
Piacevole e grazioso.

Giudizio di Weareborg7of9: gufo libro35

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Titolo: La vergine azzurra
Titolo originale: TheVigin Blue
Autore: Tracy Chevalier
Traduttore: Ortelio M.
Editore: Beat
Collana: BEAT
Data di pubblicazione: 1997 (prima edizione); 5 Luglio 2011 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 9 €
Pagine: 303
Codice ISBN: 9788865590133

 

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Strane creature


Strane creature

L’amicizia tra donne esiste e forse è ancora una volta Jane Austen a ricordarcelo. Zia Jane, o meglio, una delle sue moderne adepte forse più nota al grande pubblico per le sue passioni Vermeeriane, ma comunque degna di considerazione anche come cercatrice di Strane creature.

Originale, ma assolutamente non frutto di fantasia anche la percezione dell’archeologia preistorica dei dilettanti della metà dell’800: una scienza quasi esoterica, da bandire, poco adeguata per le signore. E per le signorine, ovvero quelle gentildonne di mezz’età che la Natura non ha voluto premiare di rifulgente bellezza, ma di uno spiccato acume “maschile”, da antiquario appassionato che non ha paura di sporcarsi le mani del fango del lungo mare di Lyme Regis.

3 sorelle decadute della gran Londra e la talentuosa figlia del falegname colpita da un fulmine in tenera età; i paroloni scientifici della “Bibbia” di Cuvier e i “ninnoli” portatori di pane e speranza di una famiglia povera e con i piedi e…il naso per terra.

Un ottimo quadretto di vita “in costume”.

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Titolo: Strane creature
Titolo originale: 
Remarkable Creatures
Autore: Tracy Chevalier
Traduttore: Ortello M.
Editore: Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Data di pubblicazione: 2009 (prima edizione); 12 Novmbre 2009 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 16,50 €
Pagine: 287
Codice ISBN: 9788854503939

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