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Il giocatore


Per chi ha familiarità con almeno certi romanzi di Dostoevskij, sarà evidente sin dalle prime pagine l’ingenua semplicità che accomuna alcuni suoi celebri personaggi con Aleksej Ivànovic, il protagonista di questo spaccato di vita di un gruppo di uomini (e donne) arricchiti più dalla tronfia avidità che dall’effettivo tintinnare di fiorini nelle loro tasche.
Un precettore all’apparenza assennato, così doveva sembrare ufficialmente ai maitre dei Grand Hotel tedeschi che ospitavano il generale, la figlioccia Polina, il francesino cercatore di dote e le sue “complici” e poi anche l’impetuosa e temibile baboulinka; così, nella prima parte di quelle che, si riveleranno presto essere le sue memorie, il modesto e devoto narratore ci presenta la scenografia e gli attori della tragicomica vicenda in cui reciterà egli stesso un ruolo attivo. E ci aiuterà anche gradualmente a prendere confidenza con il beffardo deus ex machina (in negativo) che muoverà tutti i fili come fossero marionette: il GIOCO (d’azzardo).
Giocare per gli altri preserva quel provvidenziale residuo di pudore che permette di guardare il micromondo attorno a sé da osservatore esterno, di assistere addirittura al crollo psicofisico di una schiera di potenziali avvoltoi posti di fronte alle miserevoli conseguenze di una dispotica, seppur attempata, matrona con i lacci della borsa troppo allentati e vinta dallo spasmodico bruciore adrenalinico che il vorticare della roulette sa insinuare.
Il guaio è quando la febbre incomincia a divorare anche te, quando l’ebrezza e l’impossibile passione per un’instabile signorina (russa)sgretola tutta la fermezza d’animo di un uomo e lo travolge nel vortice del vizio, di cui lei non si è mai voluta sporcare direttamente le guantate manine.
Una puntata tira l’altra e paradossalmente è più facile smettere dopo un giro sfortunato che a seguito di una vincita. La malattia diventa sempre più grave, si cronicizza e poi ti distrugge, ti obnubila la mente, tanto da non riconoscere quasi un gesto amico, il vero affetto.
Si parla ancor oggi del gioco come di un cancro che cresce in modo subdolo, silenzioso, che non si rivela fino a quando ormai le metastasi si sono diffuse intaccando ogni tua cellula vitale, fino a quando ormai è troppo tardi; la cruda verità affrontata da Dostoevskij nei suoi racconti – la miserevole realtà di parte della sua madre patria Russia, purtroppo risulta davvero estremamente attuale e calzante anche per le situazioni che, nella migliore delle ipotesi, vediamo scorrere nei frame di un tg, ma che talvolta ci coinvolgono in prima persona.
Non voglio elargire morali comunque, anche perchè non lo fa neppure il grande scrittore di Mosca, e perchè di ipocrite banalità veniamo già bombardati quotidianamente. Lui registra e in un certo senso mette in scena, velando talvolta le sue maschere – come nel romanzo in questione – di una sconsolata e rassegnata ironia.
Il talento di Dostoevskij, a mio parere, sta tutto nel riportare sulla carta i tormenti degli animi umani, le loro angosce più opprimenti e di far loro rigurgitare, come dopo lo schiaffo di una sbornia, le più contorte elucubrazioni, così dannatamente disarmanti ed impetuose che spesso paralizzano il più comune sentire.
Un classico forse di nicchia, ma un’opera su cui riflettere, ma anche una piacevolissima lettura che riuscirà comunque a strappare una amaro sorriso alle labbra dello “spettatore”.

Giudizio di Weareborg7of9: gufolibro4_tras

 

60x60_07_cuffie Ascolta un brano del libro: Il Giocatore

Titolo: Il giocatore
Titolo originale: Игрок, Igrok
Autore: Fëdor Dostoevskij
Traduttore: Martini M.
Editore: Newton Compton
Collana: Grandi tascabili economici
Data di pubblicazione: 1866 (prima edizione); 27 Maggio 2010 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 6 €
Pagine: 662
Codice ISBN: 9788854120471

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