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Cinque quarti d’arancia


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Non so voi, ma io ho sempre avuto un problema con le arance, con il loro aroma nello specifico: quel pungente, sferzante profumo che come una scarica elettrica si sprigiona al primo screzio della buccia e a volte, al solo avvicinarsi.
C’è chi lo ama e si inebria a pieni polmoni, godendone e ispirandone l’essenza; a me viene il mal di testa: forte, che stordisce, nauseante. Letteralmente.
C’è chi diagnosticherebbe un’intolleranza, Joanne Harris probabilmente parlerebbe di magia, entità o di qualche vento contrario, malefico o solo bizzarro.
In tutti i suoi libri, favole realisticamente costruite con colori, fragranze e sapori dolci e decisi, un pizzico di incantesimo condisce le anime dei personaggi e spira tra le fronde degli alberi da frutto di un qualche angolo sperduto della Francia, nascosto anche agli occhi dei più attenti artisti, o solletica il volto imbronciato di burberi protagonisti dai musi sporchi di marmellata ai lamponi..
…O di crepes al grano saraceno, o con la bocca piena di composta di pomodori verdi, o dalle dita salate di acqua di acciughe di conserva…
Ma non avvicinate le arance! Vi prego, no! Non nominatele neppure!
Questa sicuramente la preghiera silentemente urlata da Mirabelle Dartigen, donna dura e aspra come quegli agrumi che le intontivano la testa, le debilitavano il corpo e la allontanavano dai suoi tre bambini. Tutto avrebbe fatto, tutto per tutto ciò che dell’amore le era rimasto, amore per quel soldato buono – forse troppo, anche verso il nemico.
Tedeschi, guerra, sussurri, segreti e ingenue alleanze. Mirabelle ha pagato per i suoi dolori e per le ferite inferte al suo cuore…anche da quei piccoli frutti del suo Amore che troppo tardi l’hanno riconosciuta piena di Amore.
L’amore che concentrato in un diario confuso, pieno di ricette confuse, ma trasudanti dell’unico ingrediente magico: l’Amore.
Framboise e la sua creperie: il ritorno e il recupero di quell’Amore, sempre negato, mai capito e ora, a distanza di anni, di nuovo sfolgorante e ricco di quella dolcezza particolare, ma sincera, in grado di combinarsi nelle maniere più strane, ma presente, innegabilmente  forte.
Sullo sfondo il drammatico scenario dell’inizio del secondo conflitto mondiale e la ascesa dei nazisti anche in piccoli ritagli pacifici di mondo, ad insozzarne le sfumature, ad infangarne le vita, a far marcire la verità.
La bruttura della guerra imminente raccontata con la penna intinta nel cioccolato di una delle più originali voci della narrativa contemporanea mondiale.
Impossibile non lasciarsi invitare dalle sue prelibatezze, insensato non lasciarsi vincere, inconcepibile non provarle almeno una volta.

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Titolo: Cinque quarti d’arancia
Titolo originale: Five Quarters of the Orange
Autore: Joanne Harris
Traduttore: Grandi Laura
Editore: Garzanti
Collana: Elefanti bestseller
Data di pubblicazione:
 2001 (prima edizione); 13 Gennaio 2010 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 9,90 €
Pagine: 405
Codice ISBN: 9788811679431

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Dopo di te


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Un sequel reclamato a gran voce dai fans di tutto il mondo (v. https://ilessi.wordpress.com/category/autore/moyes-jojo/), c’è chi potrebbe definirlo quasi un parto indotto dalle ragioni del mercato; un prodotto di questo genere è difficile che ricalchi le orme del successo originale.
E invece…l’appeal di Louisa Clark è ancora magnetico e la penna della Moyes ti trascina sempre nelle sue vicissitudini come poche altre nella letteratura contemporanea.
Nessuno parla di capolavoro da Premio Nobel, ma vi assicuro che al giorno d’oggi non è scontato trovare una narrazione così perfettamente liscia, senza spigolature che ti avvolge e ti immerge completamente in se stessa.
La trama non cade nel banale, il romanticismo di fondo è rispettoso degli anni 2000 e gli ingredienti di intreccio non sono accozzati, nè prevedibili.  La protagonista rimane una Cenerentola della porta accanto, ma con un carattere che la scioglie dal pregiudizievole giogo della principessa salvata e salvabile solo dal prode cavaliere su candido destriero, anche se i cattivi da combattere sono tutti mostri personali molto umani.
La vita riserva sorprese e sconvolgimenti improvvisi anche alle principesse e in quelle situazioni bisogna posare per un attimo l’ingombrante corona e alzare lo scettro: riflettere, decidere e agire.
Il tempo scorre e non torna indietro, ma si può correre più veloce e prendere in mano le redini del viaggio; scartare le paure e saltare oltre l’ostacolo del senso di colpa, risalire dal baratro del dolore, pur nella consapevolezza che si rischia sempre di mettere un piede in fallo.
La vera forza e vestirsi di coraggio e sorridere. Nonostante tutto.
Imparare a vivere.
E poi vivere.
Nonostante tutto.

Non so se ci sarà un terzo romanzo, ma a questo punto me lo auguro di cuore: anche qualche piacevolissima ora di lettura ti fa sentire viva.

 

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Titolo: Dopo di te
Titolo originale: After You
Autore: Jojo Moyes
Traduttore: Dallavalle M.C.
Editore: Mondadori
Collana: Omnibus stranieri
Data di pubblicazione: 24 Settembre 2015 (prima edizione); 5 Maggio 2016 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 18 €
Pagine: 380
Codice ISBN: 9788804660583

 

book-to-film A Settembre uscirà anche in Italia l’adattamento cinematografico di Io prima di te, primo romanzo con protagonista Louisa Clark, successo letterario mondiale.
Sulla scia di questo entusiasmo, la regista Thea Sharrock ha diretto una perfetta Emilia Clarke (già Daenerys Targaryen nel Trono di Spade) e Sam Claffin nel ruolo di Lou e Will.
La Moyes ha curato personalmente la sceneggiatura del film aumentando così le aspettative già alte del pubblico.
Non ci resta che attendere (o cercare la versione in lingua originale!).

…”Books and movies are like apples and oranges. They both are fruit, but taste completely different”…
                               (Stephen King)

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I fiori di sabbia


 

I Fiori di Sabbia

L’Africa è un “giardino di sabbia rovente”.

Sicuramente l’Africa arde di passioni, pulsa di vita e brucia di realtà non facili da accettare, soprattutto per il nostro più comune sentire e percepire il gusto di ciò che accade e di ciò che ci esiste attorno.
L’Africa è una sorta di lussureggiante deserto dove i paradossi sono la sostanza che pervade l’aria, le strade, che ostacola i passi di una società che potrebbe compiere balzi da gazzella, ma che a volte preferisce borbottare  – finta placida – come un ippopotamo prima della caccia, con tutto il suo peso, con tutto il suo ingombrante retaggio culturale e politico.
L’Africa è lo splendore delle Cascate Vittoria, dei colori sgargianti, degli occhi delle donne, dell’ebano degli uomini.

L’Africa raccontata da Corban Addison è una poesia realistica, vergata con un inchiostro duro, ma melodioso canto di sfumature abbaglianti; è il continente che nel suo profondo cuore vede la ribellione un po’ stereotipata contro il potere incanutito ed immobile, ma che come arido cemento, non vuole volgere lo sguardo sui drammi quotidiani che probabilmente qualche carezza e lo sforzo di una volontà condivisa, lenirebbero e pian piano, diventerebbero solo memoria.
Kuyeya: “memoria”. Una bambina speciale che la sua mamma non ha voluto dimenticare, ma che anzi ha voluto donare alla sua Africa che le ha dato tutto e le ha tolto tutto. La tragica catena che una piaga come l’AIDS forgia nelle vite (e anche nelle morti) di persone sfortunate che arrivano a combattere anche a scapito della propria dignità, per l’Amore, quello vero.  La dura lotta contro la violenza e l’ingiustizia e la corruzione: la violenza più squallida, la sabbia che si vorrebbe soffocasse i fiori più profumati, quelli speciali…come una bambina speciale.
La politica dei potenti che se maneggiata senza cinismo potrebbe essere un’arma importantissima per cambiare il corso della Storia e in primis, delle storie delle migliaia di Kuyeya che esistono al mondo.

Lo Zambia come luogo di amore e di sofferenza anche per Zoe Fleming, la muzungu caparbia e coraggiosa che non lesinerà unghie e denti per difendere i diritti del suo cuore: nero come l’Africa, logorante come il deserto, ma prezioso come i suoi fiori.

Un romanzo di denuncia  vestito da sera e accompagnato dalla brezza vivificatrice delle emozioni più pure, reso vero dalla trama troppo comune e offerto al mondo come un dono: la scoperta che solo aprendo gli occhi farà aprire il cuore.

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Titolo: I fiori di sabbia
Titolo originale: The Garden of Burning Sand
Autore: Corban Addison
Traduttore: Brovelli C.
Editore: Sperling & Kupfer
Collana: Pandora
Data di pubblicazione: Novembre 2011 (prima edizione); 17 Giugno 2013 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 17,90 €
Pagine: 404
Codice ISBN: 9788820054519

 

Categorie: Addison Corban, Denuncia, Donne, Drammatico, Narrativa | Tag: , , , , , , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Il castello del cappellaio


Il Castello del Cappellaio

Una tragedia moderna.
Potrebbe suonare come il sottotitolo di questa prima opera del novellista scozzese  A.J.Cronin.
Conosciuto per le sue tipiche ambientazioni pacifiche e serene e per i suoi personaggi pieni di buon cuore (sacerdoti e medici ricorrono di frequente nelle sue anche più celebri narrazioni), balza di sicuro all’occhio il corposo romanzo d’esordio che vede la famiglia Brodie come protagonista: storia di un drammatico incedere di vite, oppresse da un’instabile, labile ed ostentata grandezza, tanto fittizia quanto ridicola, al pari del bizzarro castello che fa da casa, scudo e impenetrabile schermo per quelle povere anime che del nome Brodie hanno subito, volente o nolente la pesante e triste eredità.
Un padre padrone, un malvagio tiranno, duro e aspro, che si crogiola nella sofferenza altrui e ne provoca spesso la prima fiamma, alimentandone poi l’incendio con un impegno che si direbbe disumano, godendone dei momenti più umilianti, ma soprattutto giustificando sempre, con improbabile e paradossale ragione, l’intento e il fine.
La cattiveria del capofamiglia e le sue ovvie conseguenze a danno dei suoi poveri consanguinei, porterà alla rovina  – scontata anch’essa forse, se ci affidiamo alla giustizia della Provvidenza – anche dello stesso elargitore di tanti mali, in un’escalation di sempre peggiori catastrofi, di fronte alle quali però sembra essere cieco e sordo.
Un testo di una commozione rara, di un’intensità che raramente trapela in pagine di descrizione comunque piana e lineare, descrittiva, classica per certi aspetti, poetica perfino per altri. Una scrittura di senso fin dalle primissime righe, quando Cronin introduce se stesso e la sua penna – e il libro in questione – lasciando parlare il vento; il vento soffia, accompagna e lo senti sulla pelle, guida i tuoi passi e in men che non si dica respiri l’aria frizzante di una Levenford che non esiste sulle carte, eppure c’è, tangibile al tocco, visibile agli occhi, percepibile di aromi e colori e creata dal vento.
Un incipit di altissima letteratura, tuttavia nascosto allo sguardo dei più, ma di incomparabile sublime e leggiadra bellezza, un dolce balsamo in grado, a posteriori, di lenire le numerose ferite inferte da quello stesso inchiostro alla sensibilità del lettore.
Un piccolo capolavoro di genere e pathos.

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Titolo: Il castello del cappellaio
Titolo originale: Hatter’s Castle
Autore: Archibal Joseph Cronin
Traduttore: Camerino A. e Izzo C.
Editore: Bompiani
Collana:  Tascabili Cronin
Data di pubblicazione: 1931 (prima edizione); 12 Maggio 2004 (si segnala l’ultima edizione in commercio)
Prezzo: – € (Attualmente di difficile reperibilità)
Pagine: 587
Codice ISBN: 9788845210389

book-to-filmNel Febbraio del 1942, ben 11 anni dopo la pubblicazione del romanzo di A.J. Cronin, viene proiettata sul grande schermo l’omonima produzione cinematografica inglese diretta da Lance Comfort, con Robert Newton nei panni di James Brodie e Deborah Kerr in quelli della figlia del cappellaio, Mary.
“Un film macchinoso e tortuoso senza nullo di artistico. Meno efficaci del solito anche Mason e la Kerr. Buona la fotografia, discreta l’ambientazione. Sceneggiatura e regia di nessun valore.” (‘Segnalazioni cinematografiche’, vol. 25, 1949)

…”Books and movies are like apples and oranges. They both are fruit, but taste completely different”…
(Stephen King)

 

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L’amore e gli stracci del tempo


A…come Albania. …ma anche come Serbia, Kosovo, Svizzera, Italia…
Come quella patria a cui appartieni per tradizione, per burocrazia, ma che non fa parte di te, perchè la tua storia ha conosciuto tante cartine geografiche stracciate poi dalla guerra, spietata e bastarda, confusa e cieca: violenza e sangue che scaraventano e dividono famiglie, genitori e figli, cuori innamorati, agli estremi confini di un mondo tanto “piccolo” ed immensamente estraneo, ma che nella sua sconfinatezza mantiene viva la speranza e la promessa di due metà della stessa anima. Ma la storia scorre come un fiume in piena, come queste parole ti scroscia adesso senza troppa delicatezza; per quello c’è la poesia.
La paradossale eleganza poetica dei “versi” carichi del realistico dolore di un amore, nato, vissuto e lacerato nei Balcani, tradito dal destino e ricomposto, ricucito e rappezzato non dai soavi suoni delle antiche ballate, ma dalle allegre voci di bambini ignari delle loro radici stracciate dal tempo; una prosa poetica, dicevo, quella della Ibrahimi, poetessa d’estrazione, giornalista e romanziera per talento, una scrittura senza fronzoli (disarmante, ingenuo, quasi infantile – nel senso positivo del termine – l’uso martellante del tempo presente soprattutto nelle prime pagine) con la quale compone una ballata moderna, dalla doppia identità, ma altrettanto straziante, come il racconto popolare della ragazza-sposa che non coronerà mai il suo tenero sogno, perchè vinta dalla malattia.
La guerra non ha solo bombardato le vite di Zlatan e Ajkuna, ma ne ha infettato l’essenza, ha corroso quella profondissima parte di sé, diffondendo inesorabili metastasi che silenziosamente emergono in superficie; un lento, logorante scoppio interno che cambia la storia, la loro storia, la stravolge, la scaglia lontano, la riporta in quel luogo di non-patria, di origine, la pacifica e le impone un nuovo inizio.
Perchè i fiori più tenaci sbocciano anche in mezzo alle macerie.
Come gerbere bianche.

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60x60_07_cuffie Ascolta un brano del libro: L’Amore e gli Stracci del Tempo

Titolo: L’amore e gli stracci del tempo
Titolo originale: L’amore e gli stracci del tempo
Autore: Anilda Ibrahimi
Traduttore: –
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi tascabili
Data di pubblicazione: 
2009 (prima edizione); 25 Aprile 2011 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)  Prezzo: 11 €
Pagine: 267
Codice ISBN: 9788806207168

La conserva di Slavica e Donika

Secondo voi, i semi dei peperoni devono essere mantenuti o è meglio toglierli per una salsa perfetta?…Quante schermaglie e sorrisi, quanta caparbietà nel difendere le proprie convinzioni culinarie, le tradizioni identitarie di due popoli così simili e così lontani. Il perfetto connubio agrodolce, riflesso di condivisione e fratture, retaggio di secoli di amore&odio, ma che non potrà non mettere d’accordo tutti sul sorprendente risultato di questo ideale accompagnamento di carni e formaggi.

IMG_3053Ingredienti (per le dosi fate valere la regola di “un paio di bicchieri/cucchiai può andar bene” – con le spezie state più attenti!):

  • Peperoni verdi;
  • Pepe nero in grani;
  • Peperoncino fresco;
  • Acqua bollente;
  • Olio EVO;
  • Aceto balsamico;
  • Zucchero di canna;

Procedimento:

Per prima cosa, lavate i peperoni, tagliateli a metà e privateli dell’anima e dei semi (noi preferiamo seguire questa corrente di pensiero…).
A questo punto, tagliate i peperoni a strisce grandi, versateli in una pentola con pepe nero in grani, peperoncino fresco sminuzzato, un paio di bicchieri di aceto balsamico, zucchero di canna e copriteli con acqua bollente.
Lasciate riposare per 30 minuti quindi cuocete il tutto almeno per 1 ora a fiamma media e con la cura di mescolare spesso.
Trascorsa mezzoretta, prendete parte del composto e frullatela in modo che i peperoni, già abbastanza sminuzzati, diventino cremosi quindi aggiungete la crema così ottenuta al resto dei peperoni, mescolate ancora e versate in barattoli sterilizzati.
Sistemate ogni barattolo, chiuso, all’interno di una pentola con acqua fredda e portate a bollore, quindi lasciate in ammollo per altri 20 minuti dall’inizio del bollore, lasciate raffreddare ed infine riponete in luogo asciutto.

Un po’ di sale in zucca: …”Dora me baltë buka me mjaltë.”
(Traduzione: “La mano con il fango, il pane con il miele”).
(Proverbio albanese-kosovaro)

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Il cacciatore di aquiloni


Il cacciatore di aquiloni

A…come Afghanistan.

Quanti di voi conoscevano veramente il riferimento al tipico gioco afghano del titolo di questo libro? Vi eravate mai posti l’interrogativo del perchè qualcuno debba dare la “caccia” a degli aquiloni? E prima di leggere l’opera capolavoro di Hosseini, quanti avevano anche vagamente intuito l’importanza, la quasi sacralità di una corsa a piedi nudi tra le fredde strade sterrate di Kabul, con le mani insanguinate e il naso all’insù, chi immaginava la complicità vincente e assoluta tra due fratelli di latte e di sangue, indissolubile e tagliente al tempo stesso, come quel tar smerigliato che separò due bambini del passato e ne ricucì le radici solo dopo molti anni di dolore e altrettanto sangue?

Un Afghanistan inedito, forse per la maggior parte di coloro che, figli di un mondo occidentale, hanno aperto una finestra sul Medioriente solo a partire dal 11 Settembre 2011, e probabilmente gettando sguardi colmi di sospetto e pregiudizi su quel panorama tanto travagliato e ricco di storia che i Talebani hanno irrimediabilmente marcato con il sigillo del terrore.

Eppure di Amir, Hassan, Baba, Alì, Soraya e Rahim Khan ne devono essere piene le acclivi mulattiere dell’Hindu Kush, con le loro favole, i loro sogni, le loro feste, i profumi, le tradizioni, i loro valori scolpiti nelle inebrianti leggende da Mille e una notte, così come tra le solenni Sure del Corano.
Vittime, invasori, fuggiaschi e rifugiati, anche in quell’America dei film hollywoodiani, ma pur sempre Afghani, talvolta ospiti a casa propria, ma comunque tutti parte di una grandissima e folle quam, perchè…”fai conoscere due Afghani che non si sono mai incontrati e vedrai che scopriranno di essere parenti”.
E che questo legame rimarrà sempre.

Anche adesso, mentre scrivo queste righe, spalanco gli occhi attonita, con ancora viva e sfrigolante nel petto l’emozione che mi ha avvinta dalla prima all’ultima parola non detta; un romanzo, un racconto di vita vera, di rara intensità, di ammirevole pregio e di inesorabile impatto.
Piacevolmente sconvolta, entusiasta e grata ad Hosseini per aver dato ascolto (e voce) al suo cuore.

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60x60_07_cuffie Ascolta un brano del libro: Il Cacciatore di Aquiloni

Titolo: Il cacciatore di aquiloni
Titolo originale: The Kite Runner
Autore: Khaled Hosseini
Traduttore: Vaj Isabella
Editore: Piemme
Collana: Pickwick
Data di pubblicazione: 
2003 (prima edizione); 10 Giugno 2014 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio) 
Prezzo: 11,90 €
Pagine: 362
Codice ISBN: 9788868367305

Afghan Kolcha

La dignitosa cortesia di un sahib e di un popolo che accoglieranno sempre i loro ospiti con una fumante tazza di the verde e un vassoio di kolcha, biscotti al pistacchio di una dolcezza quasi eccessiva, ma che mitigano perfettamente il gusto amaro della bevanda.
Terra di contrasti l’Afghanistan, come anche la sua cucina, dai sapori speziati e decisi, ma capace anche di offrire una semplice eleganza di profumi e stimoli di una sapidità quasi magica.

AfghanKolcha Ingredienti per una 60ina di biscotti:

  • 2 tazze di farina;
  • 2 tazze di zucchero super fine;
  • 200 gr di burro;
  • 1/3 di tazza di pistacchi in polvere;

Procedimento:

Innanzitutto, bisogna preriscaldare il forno a 150°.
Incominciate quindi a rendere lo zucchero ancora più fine con l’aiuto di un mixer elettrico; quindi mescolatelo insieme alla farina setacciata e ancora amalgamate il tutto con le fruste.
All’impasto aggiungete anche il burro a temperatura ambiente; poi mescolate bene fino ad ottenere una massa granulosa.
Prendetela e lavoratela energicamente con le mani e le nocche per qualche minuto.
A questo punto, dovete solo stendere la pasta e realizzare dei piccoli biscotti.
Create quindi un piccolo avvallamento al centro di ognuno, che riempirete con un pochino di pistacchi tritati.
Infornate per 10 minuti e una volta cotti, estraeteli e lasciateli perfettamente raffreddare: sono molto fragili e si sbriciolerebbero con facilità!

Un po’ di sale in zucca:…”The only thing that flowed more than tea in those aisles was Afghan gossip. The flea market was where you sipped green tea with almond kolchas, and learned whose daughter had broken off an engagement and run off with her American boyfriend, who used to be Parchami-a communist-in Kabul, and who had bought a house with under-the-table money while still on welfare.”…
(
The Kite Runner, Khaled Hosseini, p. 138)

 

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La voce degli uomini freddi


E’ quasi un’elegia, un inno continuo alla neve, alle montagne, al freddo; mai visti con negatività ma come dono di Dio.
Romanzo ostico da recensire e da leggere con attenzione: una poesia continua.
Trecce d’acqua cadono dai monti, uno sciame di farfalle che scendono sulla terra sotto forma di neve, gli alberi cantano, le api sono bianche come il paesaggio circostante, solo le formiche restano nere, ma quando fanno i nidi a punta significa che nevicherà molto.
E poi ci sono le valanghe, di neve, di acqua, di vento.
Entriamo di soppiatto nelle case, nella vita, nei pensieri di questi uomini freddi, ma tali solo per l’ambiente che li circonda ma quando capiterà di agire per la sopravvivenza scopriremo (solo alla fine) chi sono veramente.
Non voglio privare altri del gusto della scoperta.
L’intero libro è una scoperta.

Giudizio di Ezechielelupo2: gufolibro4_tras

60x60_07_cuffie Ascolta un brano del libro: La Voce degli Uomini Freddi

Titolo: La voce degli uomini freddi
Titolo originale: La voce degli uomini freddi
Autore: Mauro Corona
Traduttore: –
Editore: Mondadori
Collana: 
Scrittori italiani e stranieri
Data di pubblicazione:
 2013 (prima edizione); 3 Dicembre 2013 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 18 €
Pagine: 235
Codice ISBN:9788804633778

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L’isola dei due mondi


Ci sono quei romanzi che sfili quasi per caso dallo scaffale della libreria e che poi sono capaci di spalancarti gli occhi dallo stupore ogni pagina di più.
L’isola dei due mondi è uno di quei romanzi: è il racconto molto semplice e lineare della vita di una bambina, Bethia, del suo diventare troppo presto una donna di casa, su di un’isola incontaminata, a stretto contatto con i nativi Wapanoag, della sua amicizia unica con Cheeshahteaumauck, Caleb, della sua sete di sapere, del suo viaggio sul continente americano…delle sue sofferenze.

Occhi di tempesta è una ragazzina vivace, devota e timorosa di Dio; immaginate una famiglia di onesti puritani, non per forza sempre trascinati dal bigottismo, ma comunque molto ligi al rispetto delle Sacre Scritture, e poi provate a pensare a come una furiosa cavalcata in riva all’oceano possa sconvolgere la vostra esistenza, come un incontro con un vostro coetaneo indigeno possa scatenare dentro di voi un fuoco rovente, quasi fosse stato tratto dalle viscere dell’Inferno, direttamente dalla fucina di Satana.

Ma ad un certo punto, tutto cambia e il Dio messo in croce sembra convincere anche le anime più radicate alle tradizioni della propria terra. Un nuovo viaggio, una nuova esperienza. I sacrifici e gli stenti. Il logorio e la morte.

Scordatevi lo scontato lieto fine, dimenticate la classica strada che porta all’amore; non aspettatevi l’azione, ma lasciatevi condurre nell’isola di Martha’s Vineyard…tra due mondi.

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60x60_07_cuffie Ascolta un brano del libro: L’Isola del Due Mondi

Titolo: L’isola dei due mondi
Titolo originale: Caleb’s Crossing
Autore: Geraldine Brooks
Traduttore: Ortello M.
Editore: Beat
Collana: BEAT
Data di pubblicazione: 2011 (prima edizione); 28 Maggio 2013 (si segnala l’edizione più economica attualmente in commercio)
Prezzo: 9 €
Pagine: 335
Codice ISBN: 9788865591437

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